La legge sul “Lavoro Agile” ha reso istituzionale lo smart working, ossia la possibilità di svolgere lavoro dipendente anche lontano dalla sede lavorativa.
Smart Working: chi e dove
La formula si rivolge, in particolare, al settore impiegatizio e manageriale e prevede che una parte di lavoro possa essere svolta fuori dai locali aziendali. È una filosofia che in altri stati è già applicata da anni, in Italia sta prendendo forma solo ora, ma cosa comporta esattamente?
Semplicemente, una parte del lavoro che si svolge normalmente in ufficio, può essere svolta a casa grazie ad un PC o a un tablet. L’unico vincolo che ha messo la legge è che il lavoro deve essere svolto entro l’orario previsto dal contratto.
Sono diverse le persone che auspicano un lavoro da svolgere al proprio domicilio, ma quali sono i motivi che spingono a questa esigenza? Per prima cosa il rapporto lavoro/vita privata dovrebbe beneficiarne poiché, pur rispettando gli orari d’ufficio, si eliminano tutti i tempi morti del tragitto casa lavoro e viceversa, tempi che si possono dedicare alla famiglia. Riduzione delle spese (trasporti, pranzo), meno stress perché si lavora nella propria casa, quindi un ambiente piacevole e amato. Una pacchia quindi? No, anche questa formula, come tutte le cose, ha i suoi risvolti negativi. Il lavoro in un luogo diverso dall’ufficio può essere piacevole a patto che si abbia un angolo dedicato esclusivamente a questa funzione, dove non ci sia qualcuno che ogni tre secondi viene a disturbare. In poche parole si deve creare un ambiente lavorativo, in casa.
È una formula lavorativa molto apprezzata da chi abita lontano dal luogo di lavoro e, in questo modo si risparmia dei km, almeno per una parte dell’anno. Questo genere di lavoro ha anche un impatto positivo anche sulla natura grazie alla riduzione di inquinamento dovuto dai mezzi di trasporto.