Straining, ecco cos’è e come ci si può difendere

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Il mondo del lavoro sa essere particolarmente difficile e pesante da digerire: in alcuni casi, infatti, può capitare di imbattersi in situazioni tutto fuorché lineari e oneste. E questo si ripercuote poi sulla vita di tutti i giorni, dove non si avrà nemmeno la serenità di scommettere sullo sport nei siti italiani migliori oppure andare a bersi un caffè nel bar in piazza. Lo straining è proprio una di quelle situazioni in cui il lavoratore può avvertire uno stress molto pesante.

La definizione di straining secondo la Cassazione

Come è stato definito dalla Cassazione, lo straining non è altro che una forma un po’ più leggera di mobbing. La fattispecie dello straining frutta a colui che ne ha subito le conseguenze, esattamente come avviene nel mobbing, il diritto al risarcimento del danno, anche se c’è una notevole differenza. Infatti, nello straining non serve che le azioni vessatorie vengano perpetrate in maniera continua. Si tratta di un aspetto molto importante, dal momento che il dipendente ha un vantaggio di non poco conto in riferimento alla prova del fatto.

Lo straining ricorre nel momento in cui lo stress forzato di cui è oggetto il dipendente è legato ad una situazione non idilliaca sull’ambiente di lavoro, ma non ci sono i requisiti per poter parlare di mobbing. Insomma, non c’è una tale gravità, ma in ogni caso tale situazione va a causare delle conseguenze negative sia dal punto di vista lavorativo che in merito alla propria salute.

Gli strumenti per difendersi

Chi è stato oggetto di straining ha il vero e proprio diritto di fare richiesta al giudice perché gli venga risarcito il danno. Si tratta di una fattispecie enunciata nel codice civile in cui si parla di tutela delle condizioni di lavoro. Secondo tale norma, il datore di lavoro deve predisporre tutte quelle condizioni affinché vengano tutelate sia la personalità morale che l’integrità fisica del lavoratore. Nel caso in cui, invece, non dovessero verificarsi tali condizioni, allora il datore di lavoro dovrà risarcire il danno non patrimoniale al lavoratore. Nella disposizione del codice civile si parla espressamente di come il datore di lavoro debba evitare di intraprendere iniziative che possano far ricadere il dipendente in situazioni stressogene, ovvero che possano portare un grave senso di frustrazione sia personale che professionale al lavoratore.

La differenza con la fattispecie del mobbing

Come abbiamo sottolineato all’inizio, lo straining è una forma più leggera del mobbing. L’aspetto assente in confronto a quest’ultimo, quindi, è proprio la continuità che caratterizza le azioni vessatorie. I casi di riferimento possono essere numerosi: ad esempio, si tratta dell’isolamento, demansionamento, dequalificazione o quando il dipendente viene spogliato degli strumenti di lavoro. Ebbene, qualora in questi casi la condotta nociva possa riversarsi in una sola e isolata azione o, in ogni caso, in un insieme di azioni in cui manchi però il carattere di continuità, allora ci si trova nella fattispecie dello straining. È bene ricordare, però, come anche questa fattispecie possa provocare degli importanti disturbi al dipendente, sia dal punto di vista psico-fisico che psico-somatico.